lunedì 11 febbraio 2013


Sediamo insieme ancora
tra colli, nella domestica selva.
Tenere fronde dalle tempie scostiamo,
soli e cardi e vivaci prati scosto
da te, amica. O erbe che salite
verso il buio duraturo, verso
qui omnia vincit.
E venti estinguono e rinnovano
a ogni volgere d'ore e d'acque
le anime nostre.
Ma noi sediamo intenti
sempre a una muta fedele difesa.
Tenera sarà la mia voce e dimessa
ma non vile,
raggiante nella gola
- che mai l'ombra dovrebbe toccare -
raggiante sarà la tua voce
di sposalizio, di domenica.
Non saremo potenti, non lodati,
accosteremo i capelli e le fronti
a vivere
foglie, nuvole, nevi.
Altri vedrà e conoscerà: la forza
d'altri cieli, di pingui
reintegratrici
atmosfere, d'ebbri paradossi,
altri moverà storia
e sorte. A noi
le madri nella cucina fuochi
poveri vegliano, dolce
legna in cortili cui già cinge il nulla
colgono. Poco latte
ci nutrirà finché
stolti amorosi inutili
la vecchiezza ci toglierà, che nel prossimo
campo le mal fiorite aiole
prepara e del cuore
i battiti incerti, la pena
e l'irreversibile stasi

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