sabato 24 dicembre 2011


Occorrerebbe per una rievocazione degli ultimi giorni conoscere
i luoghi dei domicilii torinesi; sapere in quale trattoria andava a pranzo
e cena. In quale caffè si ritrovava con gli amici, i  collaboratori...
Sapere quante volte il suo telefono avrà squillato in sua assenza...
Pavese abitava, a Torino, e probabilmente avrà sempre abitato,
presso la sorella Maria in via Lamarmora 35; il luogo non è lontano
dalla casa editrice, saranno una ventina di minuti a piedi.
All'epoca la sorella e la famiglia lasciano Torino per qualche giorno
di villeggiatura  all'avvicendarsi del ferragosto. Pavese non li segue -
perchè ha un pensiero nascosto, promette vagamente di raggiungerli,
o aspetta prima di decidersi, una lettera dall'America - e non sapendo
arrangiarsi, arriva con una piccola valigia, a piedi, all' hotel Roma,
il 12 0 il 13 agosto, camera per i giorni che Maria i suoi resteranno assenti.
Il gesto era preparato.
Uno spiraglio per distogliersene o rinviarlo è impossibile
non rimanesse aperto.
Il contenuto della valigia di un suicida sono importanti.
La valigetta di Pavese era delle più povere: aveva comprato
il Nembutal con ricetta, in una farmacia di via Sacchi, poco prima;
il resto erano un pettine di tartaruga, dono di Constance,
l'ultimo blocco di fogli del Diario, Voyage di Celine
e una sola camicia di ricambio.
Nonostante la sua determinazione, un pensiero doveva averlo
attraversato, nella camera dell'albergo o sulle panchine
dei giardini di piazza Carlo Felice, un pensiero comune
nei suicidi per amore... Così lei saprà quanto l'ho presa sul serio, fino in fondo.
Ma a lei, già tornata in America, visto il fiasco incontrato nel suo
voler far carriera, grazie a lui, utilizzabile soltanto per questo a
Cinecittà, di quell'autoimmolazione alle sue mediocri grazie,
non poteva importarne proprio nulla.
L'ululato di passione che arroventa gli ultimi scardinati versi,
quale effetto avrebbe potuto farle?
E il paragone tra lo sguardo della morte e quello di Connie
non era fatto per lusingarla.
Ormai voleva solo dimenticarla, la sua avventura romana
con lo scrittore di successo che valeva poco, da sempre, tra le lenzuola.
Pavese era ossessionato e finiva con l'apparire anche
alle amanti più disposte come un incapace radicale di dare
amore, difetto, immeritevole di perdono.
Glielo diceva anche l'amico Felice Balbo, che la virilità
non stava in quello...l'eroe Orlando maneggia molto meglio la spada
lo dice anche il Boiardo; e tu la stilo, la portatile...ma va'...
ucciderti per quell'attricetta....impotente, lei si a non comprenderti, ad aiutarti...
Va' in Giappone, trovati una geisha...
Uno senza palle non avrebbe mai scritto La luna e i falò...
Era rimasto lusingato, Cesare, sorridendo in silenzio.
E certamente in quelle lunghe sere di ruminazioni,
sarà andato al cinema per distrarsi un poco.
Al cinema Corso, a due passi dall'albergo, aveva rivisto per
la terza volta, il capolavoro di Carnè Les enfants du paradis,
invidiando il mimo Baptiste per l'amore di Garance ...
Ma era ormai preda del magnetismo d'occhi dello Sterminatore,
che nessuno mai ha veduto.
Gli restavano poche scardinate ore. Rilesse qualche pagina
di Cèline, ripassò le ultime  note di diario, e buttò giù il congedo
rivolto agli anonimi tutti.
Lasciò accesa la luce accanto al letto e ingerì come per distrazione,
ogni tanto fermandosi qualche minuto, la dose mortale.
Se in quel momento il telefono, dalla portineria, avesse squillato...
Ma l'Angelo aveva tagliato i fili...
Cesare si stende sul letto, e aspetta

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